Gli occhi di Salvatore Passalacqua ridono. Hanno il fuoco vivo di chi non si arrende e segue le sue idee, la propria strada. Anche se questa poi frana per colpa di un alluvione e rimane segnata, spaccata tra le voragini. salvatore passalacqua ha riscoperto la tuma persaFare il casaro nell’entroterra, tra campagne sconfinate, è la vita che Salvatore ha scelto di fare, con tutti gli annessi e connessi. Una decisione che ha preso da ragazzo, andando contro la famiglia, rompendo i rapporti con il padre, rifiutando l’eredita di un’attività panificatoria di famiglia ben avviata. La determinazione l’ha portato a essere uno dei produttori di formaggio più iconici, e anticonvenzionali, della Sicilia. L’arte di questo mestiere non l’ha coltivata prendendo a prestito il sapere dalla tradizione casearia del suo paese, Castronovo di Sicilia nell’agro dell’agrigentino, bensì studiando e ispirandosi al lavoro dei casari di malga. L’inizio di questa avventura, oggi identificata da chef stellati e grandi selezionatori nel formaggio che l’ha resa celebre, cioè la Tuma Persa, comincia proprio con la produzione di un formaggio a pasta molle vaccino a crosta fiorita.
Un’anomalia per il territorio: “A Castronovo e nei dintorni si sono sempre allevati ovini. Ma io volevo allevare vacche – racconta Passalacqua -. Sono partito con questa idea. Per un periodo ho avviato un’attività di allevamento di bestiame destinato alla vendita. Poi a poco a poco l’idea di fare il formaggio ha preso piede con forza. Tutto è cominciato con quattro manze pezzate rosse da tenere libere nei 6 ettari attorno al capannone che avevo messo su. Facevano tanto latte e per non buttarlo iniziai a lavorarlo, a sperimentare. Ci presi gusto e capii subito quale era la direzione da prendere”. Il Fior di Garofalo, stile nordico e sostanza tutta sicana, dovuta alla ricchezza della biodiversità di questo areale, fu il primo prodotto tra la fine degli anni ’80 e l’inzio dei ’90. Alla Tuma Persa arriva attraverso una vero e proprio processo di ricostruzione a ritroso.