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Born in Sicily, per una birra agricola a km0: Dalla produzione dei migliori grani ed orzi ai processi di maltazione più moderni

La birra 100% Born in Sicily passa dall’innovazione di processo e di prodotto proposta dal progetto Inno.Malto, finanziato dal PSR 2014/22 Mis. 16 – Sottomisura 16.1, incentrato sulla “caratterizzazione di un malto tipico siciliano, attraverso l’introduzione di metodi di coltivazione e di trasformazione delle materie prime innovative”.

Un obiettivo ambizioso quello di poter sviluppare una filiera brassicola siciliana, a partire dalla produzione dei migliori grani e orzi siciliani che guardi tanto all’eccellenza della materia prima quanto alla sostenibilità economica ed ambientale dei processi di coltivazione e maltazione più moderni.

“La Sicilia può essere considerata una delle regioni più importanti per la biodiversità con, ad esempio, le antiche varietà di grano siciliano”, ha introdotto Dario D’Angelo, responsabile della SOPAT di Valguarnera ed Innovation Broker del progetto, durante il convegno finale  che ha chiuso i lavori di Inno.Malto – L’uso delle varietà autoctone di grano è strettamente legato allo sviluppo di processi e produzioni sostenibili, catene di approvvigionamento corte, protezione della biodiversità locale e riduzione delle emissioni”. 

A dare ragione alle aziende partner (quattro aziende agricole delle province di Enna e Palermo e tre birrifici siciliani di Vittoria (RG), Nicosia (EN) e Torrenova (ME), i partner scientifici CREA – Cerealicoltura e Colture Industriali (CREA-Ci) di Acireale (CT), il Dipartimento di Agricoltura, Alimentazione e Ambiente (Di3A) dell’Università di Catania e l’Ente di Sviluppo Agricolo della Regione Siciliana), ci sono anche i numeri che vedono una crescita esponenziale dei birrifici in Sicilia: da poche unità del 2010 si è passati ai circa 70 di oggi, compresi Pub e Beer firm. In Italia, i numeri si attestano sui 1400 contro i 500 del 2010, mentre il consumo pro-capite di birra in Italia è passato da 32,5 litri nel 2017 a 37,8 litri nel 2022 contro una media europea che, al contrario, ha visto nello stesso periodo un calo da 60,8 a 52,6 litri. Il Di3A dell’Università di Catania ha, nello specifico, “realizzato un’analisi economica sui redditi delle aziende agricole produttrici di orzi e frumenti da malto – ha sottolineato Gaetano Chinnici Di3A – ed un’indagine di mercato sulla propensione del consumatore finale a pagare di più un prodotto artigianale di elevata qualità con risultati molto positivi”. 

Nei tre anni  di attività  del progetto,è tuttavia emerso un anello mancante per la chiusura della filiera brassicola in Sicilia e cioè, una struttura di trasformazione dei cereali in malto nel territorio regionale. “Sulla mancanza di una malteria in Sicilia– ha commentato Dario D’angelo –È auspicabile che ci sia da parte delle Istituzioni pubbliche un interessamento nei confronti di questo settore per governarlo e guidarlo verso una produzione quanto più legata al territorio”.

Nelle quattro aziende agricole partner del progetto sono stati coltivati in pieno campo per due annate agrarie 3 antiche popolazioni siciliane di frumento duro, Bidì, Timilia e Strazzavisazzi e una di frumento tenero, Maiorca, e 4 varietà di orzo distico da malto, Fandaga, Fortuna, Rgt Planet e Concerto. “Nelle aziende agricole sperimentali del CREA-Ci e del Dipartimento Di3A di Catania, partner scientifici del progetto Inno.Malto, sono state condotte prove sperimentali di confronto varietale di orzo da malto e di grani antichi su scala parcellare (attività “on station”) – ha ricordato Nino Virzì ricercatore del CREA – Ci – e prove di verifica delle attitudini maltarie dei cereali ottenuti. I risultati ottenuti dimostrano che la qualità ottenuta non ha nulla da invidiare alle aree di maggiore tradizione brassicola nazionale ed europea, anzi, in alcuni casi è anche superiore”. “Le prove riguardanti l’introduzione di alcuni lieviti innovativi nel processo di produzione della birra – ha ricordato Cristina Restuccia, docente Di3A e responsabile scientifica del progetto – hanno evidenziato risvolti molto interessanti. Si è riscontrata pure la totale assenza di micotossine nei prodotti, cosa molto importante dal punto di vista salutistico”. Sulla possibilità di introdurre in Sicilia la coltivazione del luppolo e sulla filiera brassicola italiana ed europea è intervenuta Katya Carbone del CREA – Olivicoltura Frutticoltura e Agrumicoltura di Roma.

Il Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Forestali dell’Università di Palermo, seppur non facente parte del partenariato, ha dato il proprio contributo nell’ambito del progetto, “mettendo a disposizione il laboratorio sperimentale – hanno riferito Aldo Todaro e Ignazio Maria Gugino del Dipartimento SAAF dell’Università di Palermo – per l’effettuazione di ulteriori analisi analitiche sui cereali, sul malto e sulla birra all’uopo prodotta nello stesso laboratorio”. All’incontro erano presenti Marialuisa Virga (Area 2 – Programmazione) e di Calogero Tornambè (Area 3 – Coordinamento e Gestione Programmi Agrobiodiversità e Cooperazione) del Dipartimento regionale dell’Assessorato dell’Agricoltura, dello Sviluppo Rurale e della Pesca Mediterranea.

E poi, i tre birrifici partner che hanno prodotto 3 eccellenti birre, utilizzando 3 procedure di maltazione standard (Pilsner, Vienna e Monaco). In particolare, il birrificio Irias di Torrenova (ME) ha realizzato una birra chiara ad alta fermentazione, il cui stile si ispira alle witbier belghe, utilizzando il 55% di malto d’orzo Pilsner proveniente dalla varietà Fandaga, il 22,5% di malto di grano duro da conservazione varietà Bidì e il 22,5% di malto di grano tenero da conservazione varietà Maiorca; Il birrificio Paul Bricius di Vittoria (RG) una birra chiara ad alta fermentazione prodotta secondo i dettami stilistici delle belgian blond ale: realizzata con l’85% di malto d’orzo Pilsner proveniente dalla varietà Fortuna e con il 15% di malto di grano duro da conservazione varietà Timilia; Il birrificio 24 Baroni di Nicosia (EN), una birra ambrata ad alta fermentazione prodotta con un profilo da belgian amber ale, realizzata con il 60% di malto d’orzo Vienna proveniente dalla varietà Rgt Planet, con il 35% di malto d’orzo Monaco proveniente dalla varietà Concerto e con il 5% di malto di grano duro da conservazione varietà Strazzavisazzi.

Ad occuparsi del panel di valutazione sensoriale delle tre birre prodotte ci ha pensato Unionbirrai Sicilia.  “Abbiamo rilevato una maggiore presenza dei sentori tipici dei cereali durante la bevuta, rispetto alle caratteristiche proprie degli stili di rispettivo riferimento – ha commentato Massimo Galli, responsabile sezione degustatori Unionbirrai – Questo risultato rappresenta un ottimo ed incoraggiante inizio di un percorso che porti a costruire birre artigianali siciliane uniche per la loro suggestiva e piacevole caratterizzazione territoriale da filiera corta”.

“Il progetto Inno.Malto può essere preso come spunto per creare qualcosa che ancora in Sicilia non c’è – ha dichiarato Luca Traina dell’azienda capofila del progetto Paul Bricius – è vero non abbiamo una storia sulla tradizione brassicola in Italia ed in Sicilia, ma mi chiedo: quale altra migliore occasione per non scriverla insieme?”

Le aziende partner sono i birrifici: Paul Bricius & Company di Vittoria (RG) che è anche azienda capofila del progetto; Irias Società Agricola s.n.c. di Blandi Fabrizio e Blandi Sergio di Torrenova (ME), con l’omonima azienda agricola; 24 Baroni di Nicosia (EN). Le aziende agricole: Grazia Sicali di Assoro (EN), Lorenzo Frasson di Aidone (EN), Bioagri 24 Baroni S.S. di Consentino Antonio & C. Società Agricola di Nicosia (EN), Valle del Dittaino Società Cooperativa Agricola di Assoro (EN). I partner scientifici sono: il Dipartimento Di3A di UniCt, Il CREA – Ci di Acireale. Partner istituzionale l’Ente di Sviluppo Agricolo della Sicilia.