Iniziano ad apparire sui prodotti alimentari anche informazioni sul livello di rispetto dell’ambiente dell’intera filiera. E i consumatori le apprezzano
Le etichette su prodotti alimentari sono tra quelle che portano più informazioni. Elenco degli ingredienti, quantità, validità, lotto di appartenenza, nome del fabbricante e sede dello stabilimento, Paese di provenienza, modalità di conservazione, istruzioni per l’uso, dichiarazione nutrizionale con calorie e contenuto di nutrienti più gli eventuali vari marchi loghi, come quello di origine protetta, quello di tipicità, o di coltivazione biologica.
Dal manzo alla frutta: ecco quanto inquina il cibo
Fin troppe, ma secondo una ricerca condotta da Ixè per Citterio la maggior parte dei consumatori italiani consulta sempre quello che è scritto prima di acquistare qualcosa, anche se non le legge per intero. C’è però una nuova esigenza. Il cambiamento climatico impone infatti scelte diverse, e non a caso il biologico, in continua crescita, è aumentato del 7% in un solo anno. Uno studio pubblicato su Nature Food ha dimostrato che la produzione di cibo corrisponde al 35% dei gas serra prodotti globalmente. Sarebbe dunque utile poter effettuare delle preferenze in base ad indicatori che mostrino l’impronta ecologica.
Una indagine svolta da Carbon Trust, una associazione inglese che punta alla riduzione dell’impatto ambientale, ha scoperto che etichette che lo rilevano sarebbero apprezzate dal 67% dei consumatori europei. Francia, Italia e Spagna sono i Paesi in cui la preferenza è maggiore. I dati sono confermati da uno studio dell’Università di Copenaghen nel quale solo il 33% degli intervistati ha detto che preferirebbe non sapere. Il 32% ha mostrato invece una netta preferenza per i prodotti meno impattanti.CONSUMI
“È indubbio che il comportamento dei consumatori stia cambiando. Vogliono queste informazioni per poter avere la possibilità di decidere e arrivare anche loro all’emissione zero. Le etichette ecologiche possono anche far vendere di più, perché dimostrano una positività che viene apprezzata”, dice Cliona Howie, direttrice esecutiva di Foundation Earth, una organizzazione che è stata creata per dare un punteggio ambientale a ogni vivanda.
come funziona l’etichetta
Durante l’epidemia, studiosi dell’Oxford Leap, un programma di ricerca economica, hanno scoperto che il modo migliore per fare in modo che venisse evitato un alimento dannoso era usare un cerchio rosso. Per questo motivo Foundation Earth ha ideato un sistema di etichettatura molto efficace: una immagine che mostra uno spettro dal verde al rosso e delle lettere dalla A, meno impattante, alla F, la peggiore.
Per realizzarla è stata utilizzata una metodologia basata su una ricerca dell’Università di Oxford ed elaborata dalla società Mondra che ha analizzato ogni ingrediente e ha dato alle varie preparazioni un punteggio basato su quattro criteri principali:
- acqua utilizzata (il 17% della valutazione),
- inquinamento dell’acqua (il 17%),
- produzione del carbonio (il 49%),
- perdita di biodiversità (il 17%).
Per fare un esempio, una zuppa di vegetali ottiene una A, un panino al tonno una E, un piatto di carne di manzo una F.
È stato dunque lanciato un periodo di sperimentazione in Inghilterra con più di 100 prodotti di 15 marche differenti. Saranno venduti nei negozi di Finnebrogue Artisan, Mark&Spencer, Costa Coffee, Mash Direct.CONSUMI
“Non stiamo agendo solo su una categoria, non su cibo per vegani, non solo sulla carne. Non proponiamo le etichette solo a grandi produttori. Stiamo cercando di agire su larga scala per avere il massimo del risultato possibile. Ci basiamo su una una informazione scientifica e puntiamo a stimolare sia chi compera sia chi produce ad adottare comportamenti diversi. Forniamo anche un codice QR attraverso il quale è possibile avere ancora più informazioni. Tra poco partirà un altra prova in Spagna e stiamo lavorando con diversi interlocutori europei per arrivare al massimo di diffusione. Abbiamo contatti anche in Italia, per ora però nulla di concreto”, spiega Cliona Howie.
Made Green in Italy
Da qualche mese è disponibile l’etichetta Made Green in Italy, uno schema nazionale volontario per la valutazione e la comunicazione dell’impronta ambientale dei prodotti, basata sul Product Environmental Footprint (PEF) europeo e proposta dal ministero della Transizione Ecologica.
“Per ora i requisiti richiesti sono stati fissati per grana, provolone, pasta secca, aceto balsamico, carne bovina e suina. Non si tratta solo di un logo: accanto a esso infatti deve obbligatoriamente esserci un codice QR o un identificativo che permetta di raggiungere una pagina dove sono riportati tutti gli indicatori della prestazione ambientale. A questi inoltre il produttore può aggiungere qualcosa di più immediato, come l’impronta di carbonio”. Dice Fabio Iraldo, professore ordinario presso il Laboratorio SuM – Sustainability Management della Scuola Sant’Anna di Pisa.
I parametri su cui è basato sono 3 principali, simili a quelli di Foundation earth:
- emissione gas serra,
- consumo e inquinamento dell’acqua,
- consumo di risorse non rinnovabili.
A questi se ne aggiungono altri 11specifici per ogni singola merce, tra cui l’impatto sulla fascia di ozono o l’eutrofizzazione dell’acqua. Non è una etichetta immediata come quella di Foundation Earth, ma indubbiamente è un passo avanti.